L’insegnamento dell’italiano come seconda lingua
di Pino Cozzo
Uno degli obiettivi prioritari nell’integrazione degli alunni stranieri è quello di promuovere l’acquisizione di una buona competenza nell’italiano scritto e parlato, nelle forme ricettive e produttive, per assicurare uno dei principali fattori di successo scolastico e di inclusione sociale. Gli alunni stranieri, al momento del loro arrivo, si devono confrontare con due diversi usi della lingua: l’italiano inserito nel contesto concreto, indispensabile per comunicare nella vita quotidiana (la lingua per comunicare), l’italiano specifico, necessario per comprendere ed esprimere concetti, attraverso cui apprendere altre discipline e riflettere sulla lingua stessa (la lingua dello studio). La lingua per comunicare può essere appresa in un arco di tempo che può oscillare da un mese a un anno, a seconda dell’età, della lingua d’origine, dell’uso extrascolastico. Per apprendere la lingua dello studio, invece, possono essere necessari alcuni anni, considerato il fatto che si tratta di competenze più profonde. Lo studio dell’italiano deve essere inserito nella quotidianità dell’apprendimento e della vita scolastica degli alunni stranieri, con attività di laboratorio linguistico e con percorsi e strumenti per l’insegnamento intensivo dell’italiano. L’apprendimento e lo sviluppo della lingua italiana, come seconda lingua, deve essere al centro dell’azione didattica. Occorre, quindi, che tutti gli insegnanti della classe, di qualsivoglia disciplina, siano coinvolti. E’ necessaria, pertanto, una programmazione mirata sui bisogni reali e sul monitoraggio dei progressi di apprendimento nella lingua italiana, acquisita via via dall’alunno straniero. Nella fase iniziale, ci si può avvalere di strumenti e figure di facilitazione linguistica (cartelloni, alfabetieri, carte geografiche, testi semplificati, strumenti audiovisivi o multimediali), promuovendo la capacità dell’alunno di sviluppare la lingua per comunicare. Una volta superata questa fase, va prestata particolare attenzione all’apprendimento della lingua per lo studio che rappresenta il principale ostacolo per l’apprendimento delle varie discipline. Potrebbe essere utile la figura di un facilitatore o tutor che svolgesse compiti di accoglienza, di mediazione nei confronti degli insegnanti; fornisse loro informazioni sulla scuola nei paesi di origine, sulle competenze, la storia scolastica e personale del singolo alunno, compiti di interpretazione e traduzione nei confronti delle famiglie e di assistenza e mediazione negli incontri dei docenti con i genitori, soprattutto nei casi di particolare problematicità, compiti relativi a proposte e a percorsi didattici di educazione interculturale, condotti nelle diverse classi, che prevedono momenti di conoscenza e valorizzazione dei Paesi, delle culture e delle lingue d’origine.
Dal punto di vista della normativa, le leggi sull’immigrazione fanno esplicitamente riferimento a questa figura professionale: nell’ambito delle proprie competenze, ogni ente favorisce la realizzazione di convenzioni con associazioni per l’impiego, all’interno delle proprie strutture, di stranieri titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno. La funzione di mediazione, nel suo insieme, dovrebbe essere compito generale e prioritario della scuola stessa, quale istituzione preposta alla formazione culturale e interculturale della totalità degli allievi nel contesto del territorio.
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