Caro Franco, te ne sei andato in punta di piedi, non hai voluto che si sapesse nulla, non hai voluto dire a nessuno che stavi male, non hai voluto vicinanza e conforto, non hai voluto si parlasse di te. Era stato così per la morte di tua madre: l'avevamo saputo in pochissimi. Nello stesso modo era andata per il tuo carissimo fratello, colpito dal cancro, come te. In entrambi i casi ti sono stato accanto, per tuo fratello son venuto a Roma. Io lo so cos'è successo: avevi paura di dare fastidio, di creare problemi a quelli - tantissimi - che ti volevamo bene. Hai difeso noi e insieme la tua sfera più intima. Di certo speravi, come sarebbe stato giusto, di poterci poi dire: "Ho sconfitto il maledetto". L'ultima volta che siamo stati insieme è stato alla fine dello scorso anno, per motivi -si dice così nel linguaggio burocratico- di giustizia. Avevi una causa, io son venuto a testimoniare, eri contento, ci siamo detti a presto, con un bacio ed un abbraccio. E quell'a presto, non c'è mai più stato. Mi accompagnerà un rimpianto struggente per sempre di quel mancato incontro. Mi è appena arrivata la notizia della tua morte: improvvisa, inattesa, ingiusta. Amici e colleghi mi hanno scritto, telefonato, parlato, sapendo forse dei nostri antichi rapporti. Sono stato a porgerti, per quel serve, l'estremo saluto in mezzo a tanti tuoi amici, a nostri colleghi. Ho pianto, non sono riuscito a trattenere le lacrime, avevo a fianco, come sempre nei momenti più intensi,Teresa. Penso al nostro rapporto quotidiano, a quando sei venuto ad abitare con Franca, Antonio e Titti, nel mio stesso palazzo a Cosenza. Avevi voluto trasferirti qui e, incaricandomi di trovarti un appartamento, te l'avevo trovato proprio sotto il mio. Non sei rimasto moltissimo: la vita e le esigenze familiari hanno avuto altre evoluzioni. Ma anche dopo il tuo ritorno a Reggio il nostro legame non s'è spezzato e abbiamo continuato a frequentarci, anche se non con i ritmi di un tempo. Abbiamo vissuto insieme, in unità di intenti, quasi trent'anni di vita professionale. Cronaca e politica, i nostri cavalli di battaglia. I sequestri di persona che seguivamo insieme per le testate nazionali, la politica regionale, per il nostro Tg, ma anche per Tg1 e,Tg2 e Tg3. O scrivevi tu o scrivevo io, non v'era differenza, non c'era concorrenza, solo stima ed affetto. Vicinanza, e condivisione del ruolo che deve svolgere un giornalista del servizio pubblico. Mai, dico mai, sopra le righe, sempre nel rispetto pieno delle parti politiche, in assoluta par condicio, pur avendo entrambi le nostre convinzioni. Per il Tg ed i Gr noi eravamo assolutamente asettici, registrando le posizioni, spesso contrastanti, di tutti. Questo in assoluto, anche a costo di non fare il servizio richiesto. Siamo stati inviati speciali insieme, insieme abbiamo corso, come matti, di qua e di là, insieme abbi amo girato con grandi sacrifici personali e familiari, per i 400 e passa comuni della Calabria. Non ci siamo risparmiati mai, pur avendo caratteri non sempre convergenti. Io più immediato, tu più riflessivo. Io, già sul posto al verificarsi dell'evento; tu, più tardi ma con il dono della riflessione. "Mio nonno mi ha insegnato, dicevi, a contare fino a dieci, prima di rispondere, di prendere una decisione": vero, sei stato sempre fedele a questo insegnamento. Abbiamo seguito e rispettato i nostri dirigenti, ci siamo spesi per loro, li abbiamo seguiti e serviti, senza contropartite. Anche quando ho avuto la ventura di essere il capo, mi hai sempre assecondato e seguito, con consigli, suggerimenti, proposte. E di questo ti sono stato e ti sono grato sempre, e per tutta a la vita. "Pronto, Franco? mi senti? E' accaduto questo, vai tu?" E questo non in epoca di telefonini imperanti ma quando i potenti mezzi di oggi non c'erano. Il telefono di casa, se era possibile; altrimenti amici co muni in zona, le forze dell'ordine. segnali di fumo. Ci si arrangiava. Ma tu mi rispondevi da Reggio, Catanzaro, Siderno, Vibo piuttosto che da Crotone o da Pizzo, da Gioia Tauro o da Soverato. Il tuo pezzo, magari arrivava all'ultimo minuto, ma arrivava. Sempre. "Gregorio, manca il pezzo di Franco, come lo chiudiamo il Tg?". "Tranquilli, rispondevo, Franco non ha mai bucato, non ha mai fallito". E cosi è sempre stato. Sono andato via prima di te, tu eri rimasto in Rai. "Ancora per poco - mi dicevi - Vedrai, sono stanco anche io". Nulla lasciava presagire che ci avresti lasciato, che il tuo pezzo forte sarebbe mancato, perché il pezzo forte eri tu. Antonio e Titti con Franca, hanno di che andare orgogliosi! Di te, Franco, del tuo garbo, della tua correttezza, della tua signorilità, del tuo stile di vita, della tua dignità umana e professionale. Concordano tutti con me, vecchi e nuovi colleghi. Non devo fare i nomi, li conosci tutti, perché tutti ti abbiamo voluto bene tutti te ne v orremo sempre.
GREGORIO CORIGLIANO
*già capo redattore di Rai Calabria
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