Egregio Direttore,
leggo sull’ultimo numero del mensile da Lei diretto, l’articolo in prima pagina sul libro del Rev. Don Nicola De Luca e, relativamente all’articolo stesso, Le espongo alcune mie rifles-sioni.
Anticipo che non ho letto il libro in questione e che non ero presente alla presentazione dello stesso. Mi attengo, pertanto, a quanto da Lei scritto.
Innanzitutto mi piace cogliere una sua considerazione esternata nell’articolo stesso: “La
preoccupazione di comprendere poco degli alti discorsi filosofici e’ grande”.
Non Le nascondo la mia stessa preoccupazione allorquando mi trovo ad assistere ad altis-
sime (per il mio livello culturale) esposizioni teologiche e filosofiche che tirano in ballo il
cristianesimo come se fosse una “teoria” o una “dottrina”, il frutto del pensiero dell’uomo
su se’ stesso e sul mondo (ripeto: non mi riferisco al libro od agli interventi), una elabora-
zione culturale e filosofica che plasma un “uomo nuovo”.
Non e’ facile ironia quella che mi fa pensare ad un fatto: Gesu’ non scelse dodici scriba(cioe’
intellettuali, studiosi, uomini di cultura, dotti religiosi ) per amici, ma dodici poveri pescatori, magari un po’ rissosi ed ubriaconi, gente di braccia piu’ che di mente.
Le propongo una citazione da “il Racconto dell’anticristo” di Solov’ev
“Strani uomini, ditemi voi stessi, cristiani abbandonati dalla maggioranza dei vostri fratelli
e capi, cosa avete di piu’ caro nel cristianesimo?
Rispose lo starets Giovanni con dolcezza: Grande Sovrano, cio’ che abbiamo di piu’ caro
del Cristianesimo e’ Cristo stesso. Lui stesso e tutto cio’ che viene da Lui, giacche’ noi sap-
piamo che in Lui dimora corporalmente tutta la pienezza della Divinita’”
Come a dire non i valori del cristianesimo, non l’etica, non le opere, non (mi verrebbe da dire)
la teologia, ma CRISTO stesso, la Sua Persona.
Ebbene caro Direttore, non ho ne’ la velleita’ ne’ l’ingenua intenzione di smontare un certo
modo di pensare il Cristianesimo: solo che, mentre nelle tavole rotonde ci affanniamo a ri-
proporre la nostra Fede come una Fede sempre attuale e capace di parlare all’uomo di oggi,
sconfinando in un iperintellettualismo o superattivismo, in realta’, una Fede cosi non ha proprio nulla da dire, da comunicare, proprio perche’ non e’ niente di tutto cio’.
Il Cristianesimo non e’ una religione, affermava Don Luigi Giussani: le religioni sono il ten-
tativo dell’uomo di andare verso Dio, il Cristianesimo e’ l’unico Avvenimento nella storia
dell’ umanita’ dove Dio si fa uomo, diventa Persona umana, irrompe nella storia, diventa carne tangibile e visibile, e’ una PRESENZA. Questa e’ la forza del Cristianesimo, ne rap-
presenta l’unicita’ e la peculiarita’. “Cio’ che abbiamo di piu’ caro e’ Cristo stesso”, la
Sua persona presente qui ed ora.
Pietro, nella sua ignoranza, lo capi’ e lo segui’, cosi come Giovanni e gli altri, ma cosi altri
grandi Santi nella storia della Chiesa, magari ignoranti ed analfabeti, come Caterina da Siena (eppure Dottore della Chiesa) o che non hanno lasciato alcun testo scritto, come San Filippo Neri (riformatore della Curia romana con la sua vita, con ore ed ore passate a confessare, e con il Suo Oratorio, non certo con trattati e teorie….o conferenze).
Lo stesso Sant’Agostino ha combattuto e sconfitto il pelagianesimo, l’eresia del suo tempo
che non ammetteva il peccato originale e, che come logica conseguenza, affermava che all’uomo basta il libero arbitrio per salvarsi, e che la Grazia, il dono cioe’ che Cristo ci fa
del Suo Spirito, facilita questo arduo compito, ma non e’ decisivo.
Ebbene, caro Direttore, ne traggo due conclusioni:
la prima e’ che il pelagianesimo (anche se si chiama diversamente) e’, tuttora, una realta’ molto presente, in modo strisciante e, pertanto, oscuro e molto pericoloso: il libero arbitrio, cioe’ la capacita’ dell’uomo di fare da se’, di decidere del proprio destino (ed inevitabilmente, con le continue tentazioni del potere, anche del destino altrui), magari giustificato con tutte
le migliori intenzioni ed il solenne proposito di praticare ogni sorta di bene e, non ultima, un’ottima elaborazione intellettuale e religiosa, non puo’ che sconfinare in quel relativismo che il nostro Papa Ratzinger non si stanca mai di additare come il pericolo piu ‘grande dei nostri tempi, perche’ l’uomo e’ essenzialmente domanda di significato, di “infinito” (Leopardi ne e’ appunto un grande testimone);
la seconda e’ che Cristo e’ la Via al Padre: Cristo e’ l’unica fonte di felicita’ per l’uomo:
-Non abbiate paura: aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo – (Giovanni Paolo II, discorso
inaugurale del pontificato).
Non esiste vera felicita’ umana al di fuori di Cristo, che e’ l’unica risposta alla domanda di
significato dell’esistenza, il senso religioso che e’ celato nel cuore di ognuno di noi.
Quanta timidezza e quanto timore di urtare qualche suscettibilita’ nel pronunciare questa
grande verita’…….
La ringrazio di cuore per l’attenzione.
Gerardo Fazzitta
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