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venerdì 5 marzo 2010

Trebisacce-05/03/2010: "La Suocera" di Gianni Mazzei


La suocera

La colpa era necessariamente della suocera.
Se suo marito, da dolce qual’era all’inizio, attento alle sue esigenze, era diventato poi geloso,possessivo tanto da spiarla pure nel bagno, la colpa era della suocera.
Lei, conoscendola dagli anni del fidanzamento e dalle sofferenza subite e sopportate per amore suo, glielo aveva detto senza mezzi termini, pur se la proposta era allentante,specie ora che il marito aveva perso il lavoro:” Antò, se andiamo da tuo madre, sarà un inverno e tu che l’assecondi in tutto cambierai e il nostro amore finirà”.
Ed egli a consolarla,dicendole che sua madre non avrebbe interferito sul loro rapporto,che mai avrebbe consentito di lacerare….trac, come una pezza il loro cuore.
Detto fatto!
Ogni giorno una scenata per colpa sua e egli che a poco a poco era diventato violento,manesco ,brutale, non lo riconosceva più.
Ora la minestra, a detta della madre di lui ed egli acconsentiva con piglio severo, era senza sale; ora quella gonna era troppo corta…la screanzata veste come una donnaccia!
O era il fatto che stava troppo tempo nel bagno…. Ma che deve lavarsi ogni momento, quella “mbasciata”,diceva volgarmente ed egli a ridere come un cretino.
L’amore, in quella gabbia d’inferno, si tramutò senza che lei se ne accorgesse in odio profondo, un rancore.
Se non lo lasciava era solo per i suoi genitori che sarebbero morti al pensare dell’azione della figlia; e anche per evitare le malelingue del paesino in cui era andata ad abitare.
L’unico svago,se così si può dire, era il lavoro che si era dovuto trovare, visto che il marito ancora era disoccupato e dato che la suocera al di là della casa non dava nessun altro aiuto economico.
La mattina egli l’accompagnava al centro commerciale dove svolgeva il compito di commessa e la guardava mentre scendeva sempre corrucciato e geloso a notare le belle gambe scoperte:” ma è il vestito dell’azienda, mi devo vestire da suora?”.
Se ne andava sempre con la stessa raccomandazione, senza mai baciarla o un gesto di tenero affetto:” Mi raccomando…ti ammazzo”.
Pur con tanto vuoto nel cuore e bisogno di affetto,lei svolgeva il suo lavoro, incurante degli apprezzamenti galanti dei colleghi: l’abbrutimento del marito e il suo non curarsi non avevano per niente scalfito la sua bellezza mediterranea che incantava con quel seno formoso, le gambe slanciate, gli occhi scuri come pozzi di acqua profonda.
Era inevitabile che,anche senza ricambiare apparentemente e senza cedere, qualcuno potesse prenderle il cuore.
I suoi, anch’egli Antonio si chiamava quasi una compensazione del destino alla sua triste realtà, erano gesti delicati, di un’attenzione dolce e raffinata.
Veniva dal nord ed aveva cultura oltre che rispetto per le persone, specie per lei.
Come capo reparto la sollevava sempre da incarichi gravosi e stava attento a che nessuno potesse molestarla.
Slanciato, sobrio ed elegante nel vestire, con uno sguardo da innamorato, quando la incrociava, lei si rendeva conto che il suo cuore sobbalzava mente il volto di lui diventava di fiamma.
Quella mattina si sarebbero visti, dopo tanto corteggiamento e insistenza, nella sua stanza, durante la pausa pranzo.
Si era vestita come tutti i giorni: se avesse messo qualcosa di diverso, poteva immaginare i sospetti della suocera prima che il figlio, da buon scimunito,potesse parlare e dire che era una sciantosa e perché quel cambiamento…..hai forse un appuntamento? Ricordati di filare dritto, io ti ammazzo!
Era così contenta dell’incontro che avrebbe avuto che non fece caso al sogno che la suocera le stavo raccontando,mentre entrava in macchina: “ ti hanno visto nuda!.... capisci,nuda!”.
Anzi, il sogno la rallegrò e riandando con la mente ai suoi studi liceali, si ricordo di quel bellissimo verso di Foscolo, le grazie le parve che fossero:”..amor che nudo in Grecia e nudo in Roma con velo sottilissimo adornando rendea in grembo a Venere celeste…”.
Sarebbe stata nuda per lui, ma con purezza perché il suo cuore era tale: il suo corpo non era una merce ma solo il mezzo gioioso di ricambiare le sue attenzioni e l’amore che le portava con quella dolcezza arruffata,scontrosa, timida.
Ma la suocera aveva previsto giusto e le aveva lanciata la maledizione,facendole risultare il sogno alla rovescia,con una nudità scandalosa, esibita e che la rendeva detestabile per sempre e svergognata.
Così pensò mentre, tra lo sguardo iniettato di sangue del marito e le sue grida consuete” ti ammazzo”,la portarono insieme a chi avrebbe dovuto riscattarla dal grigiore della vita, nudi e l’uno fuso con l’altro, tanto il suo membro si era indurito da non staccarlo più, coperti pietosamente da un velo, fuori dal centro commerciale, tra le risate e i commenti grassi della gente.



Gianni mazzei

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