I conti non tornano
di Pino La Rocca
Nei giorni scorsi l’esecutivo Bianchi ha approvato il Bilancio 2011, l’ultimo del proprio mandato elettorale e, nel corso della discussione in Consiglio, è emersa una situazione contabile abbastanza compromessa. Soprattutto una “crisi di liquidità finanziaria” ammessa dalla stessa Maggioranza, che il mese scorso ha portato al ritardato pagamento degli stipendi del personale ed alla sofferenza del comune verso altre imprese, tra cui quella che gestisce i rifiuti e la raccolta differenziata e quella che gestisce il depuratore. Ma non solo.
Colpa di una gestione poco oculata delle risorse, secondo la Minoranza, colpa invece di una massa debitoria ereditata e di una cospicua evasione dei tributi comunali (a cui si sta ponendo rimedio), secondo la Maggioranza.
Forse un po’ dell’una e un po’ dell’altra, diremmo noi. Senza sottovalutare la recessione in cui sono costretti i comuni, specie quelli più piccoli, da un governo malandrino che toglie ai poveri per dare ai ricchi e che, con una mano toglie (l’Ici) e con tutte e due le mani prende dai cittadini e dai comuni, a danno dei quali i guai aumenteranno nel momento in cui sarà operativo il federalismo fiscale imposto dalla Lega Nord per dispetto verso il Sud. Fatto sta che il Comune ha i conti in rosso e prima o poi noi cittadini, che ne siamo gli azionisti di maggioranza, dobbiamo prendere atto e preparaci al peggio, perché l’unico rimedio ad una finanza dissestata è la leva fiscale. Cioè l’aumento dei tributi comunali. Non c’è altra via d’uscita!
Ma che cosa si fa, in una buona famiglia, quando ci sono difficoltà economiche ed i conti non tornano? Ci si siede intorno ad un tavolo e, tutti insieme, si cercano i rimedi e, per evitare il fallimento, si riducono le spese superflue, cosicché ogni componente della famiglia si prepara a fare qualche rinuncia. E invece i nostri amministratori, di Maggioranza e di Minoranza, che fanno? Pensano a litigare ed a scambiarsi, non solo in Consiglio, ma soprattutto sui muri della città e sui giornali, accuse e ingiurie, anche di carattere personale, dando un esempio di cattivo gusto, di poca civiltà istituzionale e, soprattutto, di non aver capito la lezione venuta dalle urne che, a ben vedere, non è stata capitalizzata, a nostro modesto avviso, né da chi ha vinto, né da chi ha perso.
Se infatti le cose non vanno, se Trebisacce segna il passo e non decolla, è colpa, in primis, di chi amministra, di chi si è chiuso nel fortino e governa relazionandosi solo con i pochi intimi che frequentano il palazzo, dando ascolto solo alla propria boria personale ed evitando sistematicamente il contatto con la gente ed i consigli di chi, parenti, amici e cittadini super partes, vorrebbe collaborare.
Ma, a nostro modesto avviso, è colpa anche di una Opposizione che non segue e non vigila quotidianamente sull’attività amministrativa (oggi si può attraverso l’Albo Pretorio on-line) e di tanto in tanto, per dar prova della propria presenza e mettere alla berlina gli avversari, secondo l’antica logica del “tanto peggio, tanto meglio”, stila manifesti murali zeppi di contumelie come le antiche “catilinarie”, con le quali più che sollevare problemi concreti e formulare proposte, ci si scaglia contro e ci si offende anche sul piano personale. Poi arriva puntuale la replica, talvolta ancora più violenta e velenosa, con una reazione talvolta più virulenta della stessa provocazione, finendo col dare così uno spettacolo indegno di un paese civile e dimenticando che questo paese è stanco ed ha detto chiaramente basta alle liti, agli insulti ed ai veleni.
Mi viene in mente, e lo voglio ricordare, il povero ingegnere Donato che p
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