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Segreteria Nazionale Dipartimento Ambiente Avv. Francesca Lalli Roma 07/03/2011 GOVERNO: COME DISTRUGGERE IL SETTORE DEL FOTOVOLTAICO.
I fatti
Il 3.03.2011 il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legislativo di recepimento della Direttiva 2009/28/CE “Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE”. Il decreto, nella versione presente sul sito del Sole24ore, prevede che la disciplina attuale sugli incentivi al fotovoltaico, dettata dal D.M. Sviluppo Economico 6 agosto 2010, si applica soltanto agli impianti per i quali l’allacciamento alla rete elettrica abbia luogo entro il 31 maggio 2011 (art. 23, comma 9-bis). Agli impianti solari fotovoltaici per i quali l’allacciamento alla rete elettrica abbia luogo successivamente al 31.05.2011, non si applicheranno più gli incentivi previsti dal citato D.M. 6 agosto 2011, ma quelli che saranno previsti da un nuovo D.M. che verrà emanato entro il 30 aprile 2011 (art. 23, comma 9-ter). Questi gli effetti immediati:
- gli investimenti sugli impianti fotovoltaici che sarebbero dovuti entrare in esercizio entro il 31.08.2011 o il 31.12.2011, effettuati sulla base del D.M. 6 agosto 2010, si trovano oggi senza una disciplina di riferimento (non si applica il vecchio e non c’è ancora il nuovo);
- gli operatori economici che hanno investito nel fotovoltaico rischiano di scoprire, solo all’entrata in vigore del nuovo D.M. di aprile, che le loro iniziative imprenditoriali non sono coperte dalle nuove tariffe incentivanti;
- gli imprenditori non possono accedere ai finanziamenti delle banche perché queste ultime, in attesa della futura disciplina, hanno bloccato le procedure di finanziamento;
- i tanti lavoratori assunti nelle aziende vedono a rischio il proprio posto di lavoro;
- gli investitori stranieri stanno destinando i propri investimenti in altri paesi dell’Unione.
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Note giuridiche
Ad avviso di chi scrive la previsione del decreto di recepimento, oltre che affossare il settore delle rinnovabili, contrasta con i principi generali dell’ordinamento nazionale e comunitario, con la medesima Direttiva 2009/28/CE recepita, con la legge Comunitaria di delega e con la Costituzione italiana.
Vanno richiamati, innanzitutto, i principi della certezza del diritto e del legittimo affidamento, i quali, secondo la giurisprudenza costante della Corte di giustizia, richiedono che le norme giuridiche siano chiare e precise e che la loro applicazione sia prevedibile per coloro che vi sono sottoposti. Tali principi fanno parte dell’ordinamento giuridico comunitario e pertanto devono essere rispettati dalle istituzioni comunitarie, ma anche dagli Stati membri, sia nell’esercizio dei poteri loro conferiti dalle direttive comunitarie, sia allorché danno attuazione a normative comunitarie.(1) Nel recepimento delle direttive comunitarie gli Stati membri devono, altresì, rispettare le regole sulla libera concorrenza e evitare disparità di trattamento nell’ambito del Mercato Unico, che si concretizzano, invece, ogni qual volta venga prevista una disciplina differenziata a svantaggio delle imprese che operano sul territorio italiano. Tali principi trovano tutela anche a livello costituzionale, in particolare, all’art. 3, principio di uguaglianza e, soprattutto, all’art. 41, libertà di iniziativa economica privata. Gli operatori economici hanno, infatti, programmato i propri investimenti sulla base degli incentivi previsti dal D.M. 6 agosto 2010, i quali, a distanza di sei mesi, non sono più validi, con la conseguenza che le iniziative economiche intraprese rischiano concretamente di non poter essere portate a compimento. Si ritiene, infine, che il decreto in parola sia in contrasto anche con la legge Comunitaria n. 96/2010, che ha delegato il Governo all'attuazione delle direttive comunitarie in materia di promozione dell'uso delle energia da fonti rinnovabili, nonché con la medesima Direttiva 2009/28/CE di cui costituisce recepimento, poiché appare in contraddizione con le finalità di “promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili” per il conseguimento dell’obiettivo del 17% di energie rinnovabili da raggiungere entro il 2020.
A questo proposito, appare utile richiamare uno dei “considerando” della Direttiva Rinnovabili, che non deve essere stato troppo “considerato” dal legislatore, in cui si afferma esplicitamente che: “Sono state riconosciute le possibilità di conseguire la crescita economica grazie all’innovazione e ad una politica energetica sostenibile e competitiva. La produzione di energia da fonti rinnovabili dipende spesso dalle piccole e medie imprese (PMI) locali o regionali. Sono rilevanti le possibilità di crescita e di occupazione negli Stati membri e
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nelle loro regioni riconducibili agli investimenti nella produzione di energia da fonti rinnovabili a livello regionale e locale. La Commissione e gli Stati membri dovrebbero pertanto sostenere le azioni di sviluppo nazionali e regionali in tali settori, incoraggiare lo scambio di migliori prassi tra iniziative di sviluppo locali e regionali in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili e promuovere il ricorso ai fondi strutturali in tale settore”. Evidentemente, il legislatore comunitario ha una conoscenza del tessuto imprenditoriale, anche italiano, più approfondita di quella del legislatore interno. In ogni caso, e considerazioni giuridiche a parte, è chiaro a tutti che qualsivoglia censura, per violazione delle norme comunitarie o nazionali, dovesse intervenire sul testo di legge, sarebbe comunque in ritardo rispetto alle esigenze impellenti degli operatori del settore che hanno bisogno soprattutto di certezze. Responsabile Dipartimento Ambiente Avv. Francesca Lalli Sia consentito di rinviare a: F. Lalli, F. Giampietro, “Sito inquinato e responsabilità da custodia: il giudice civile, amministrativo e comunitario a confronto”, in Ambiente & Sviluppo, n. 7/2010, e giurisprudenza ivi citata. Tra le altre, Corte di Giustizia, 10 settembre 2009, Plantanol GmbH & Co. KG; 7 giugno 2005, causa C-17/03, VEMW e a.; 21 febbraio 2008, causa C-271/06, Netto Supermarkt; 8 giugno 2000, causa C-396/98, Schloßstraße.
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