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giovedì 31 marzo 2011

Trebisacce-31/03/2011:Evviva l’Italia!


Evviva l’Italia!

Si potrebbe, con tono eccessivamente semplicistico, definire l’anno in corso come l’undicesimo del terzo millennio dell’èra cristiana. Si potrebbe, altresì, obiettare di vivere sì nel terzo millennio però in un anno differente stante l’errore, approssimativo di almeno quattro anni, di Dionigi l’exiguus, cioé “il piccolo”, come egli per umiltà si faceva chiamare, nell’identificare l’anno della nascita di Gesù Cristo coll’anno 753 dalla fondazione della città di Roma. Orbene, tralasciando questioni puramente accademiche e contemplative, per noi tutti Italiani l’anno in corso è e dovrà essere ricordato come l’anno del terzo giubileo dell’Unità di Italia. Ognuno di noi identifica l’appartenenza alla Patria Italia con dei simboli; a me cari sono la bandiera tricolore e l’inno. Non a caso i festeggiamenti per il centocinquantenario hanno avuto inizio con la visita del Capo dello Stato Napolitano a Reggio di Emilia; in quella città, nel lontano 1797 il Parlamento della Repubblica Cispadana, su proposta del deputato don Giuseppe Compagnoni, decreta l’adozione dello stendardo tricolore verde, bianco e rosso. Differenti sono le teorie sull’adozione dei tre colori, poiché la bandiera tricolore fu già, prima di codesta data, spiegata, non ottenendo riconoscimento legislativo: dall’unione dei colori identificativi delle città di origine dei patrioti Zamboni, di Bologna, e De Rolandis, di Castell’Alfero (Asti), bianco e rosso, col verde, memoria della speranza mai perduta, ai colori della bandiera francese, ritenuta simbolo di libertà ed eguaglianza, adotta dalle Repubbliche sorte a seguito delle campagne napoleoniche, cui venne sostituito il blu col verde. Corre l’anno 1847, le Repubbliche rivoluzionarie hanno lasciato il passo agli antichi Regni restaurati, un profumo unitario e patriottico aleggia nuovamente. I prodromi della prima guerra di indipendenza corrono sui versi del Canto degli Italiani, meglio conosciuto come “Fratelli di Italia”, scritto dal ventenne studente e patriota Goffredo Mameli nell’autunno del 1847 e musicato da Michele Novaro, entrambi figli di quella terra libera ed indipendente su cui si espandeva la Repubblica Genovese, che il Congresso di Vienna assegnò al Regno di Sardegna all’indomani della sconfitta definitiva di Napoleone. Giovani intelligenti, riflessivi, consapevoli del fatto che la scomparsa del Doge non si sarebbe dovuta tramutare in una guerra fratricida contro i Piemontesi; la Storia offre loro l’occasione e non la fuggono. Porsi al servizio di Casa Savoia significa credere nel perseguimento di una Italia libera, indipendente ed unita. E’ solo con la seconda guerra di indipendenza che il progetto unitario si realizza. L’antica e primigenia alleanza tra popolo, classe politica e Corona Sabauda è suggellata da plebisciti che, a partire dal 1859, rappresentano lo strumento, anche giuridico, per ratificare l’annessione al Regno di Sardegna, quindi al Regno di Italia. In quei territori che hanno espressa la volontà di unione al Regno di Sardegna si svolgono le prime elezioni politiche per la nomina dei deputati che siederanno nella prima Camera del Regno, essendo il Senato di nomina regia. Il 18 di febbraio del 1861 si riunisce il primo Parlamento italiano in quel di Torino; quasi un mese dopo, più precisamente il 17 di marzo il Re Vittorio Emanuele II firma la legge con la quale, accogliendo i voti del primo Parlamento italiano, assume per sé e per i suoi successori il titolo di Re di Italia “per grazia di Dio e volontà della nazione”, coniugando il legittimismo tradizionale con il costituzionalismo monarchico. Ecco perché il 17 di marzo di ogni giubileo si festeggia solennemente l’unitarietà del nostro Paese, punto di convergenza di tante realtà locali e regionali accomunate dal minimo comune denominatore dell’unità nella diversità e della diversità nell’unità all’ombra del vessillo tricolore. Oh Tricolore di Italia! che hai saputo, in tante amare circostanze, riscattarti negli ultimi centocinquanta anni della Nostra e Tua storia, continua ad essere la nostra stella luminosa e raggiante, anche oggigiorno in presenza di movimenti secessionistici, ed evitaci di pronunziare sì funeste parole, destinate a rimembrare i dolori del giovane italiano Jacopo Ortis, “Il sacrificio della Patria nostra è consumato: tutto è perduto”. Viva l’Italia!

Giuseppe Carbonara

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