Dante e l’Unità d’Italia
Dall’esilio il sogno di una Patria
Celebrato dalla società “Dante Alighieri” e dalla Prefettura di Salerno
il rapporto tra la “Commedia” e il Risorgimento.
Prolusione della prof.ssa Pina Basile
Forse solo gli addetti ai lavori conoscono la nobile figura di Giuseppe Borsi, poeta di Livorno, che si arruolò come ufficiale durante la Prima Guerra Mondiale e, nel corso di un assalto al fronte, fu colpito al petto e morì. Aveva 27 anni: era il 10 novembre 1915. Nella giacca della divisa i suoi soldati trovarono insanguinate la foto della madre e un'edizione della “Divina Commedia”. E’ stato il momento più toccante dell’originale conferenza “Dante Alighieri: il grande Esule e l’Unità d’Italia”, tenuta il 17 febbraio nella splendida Sala della Prefettura di Salerno, dalla prof.ssa Pina Basile, fine e colta studiosa dell’Università di Salerno, dinamica e manageriale presidentessa della “Dante Alighieri” della Provincia di Salerno. Moderatore il brillante prof. Marco Di Matteo.
La serata era iniziata sotto i migliori auspici. Già eccezionale era il vedere insieme, in questi nostri tempi così tristi e appiattiti, Autorità delle Istituzioni e Autorità della Cultura. Sentirli poi discutere di un grande della letteratura appariva quasi un miracolo. E che il livello culturale sarebbe stato altissimo lo ha intuito subito il folto e qualificato pubblico, che ha ascoltato parole profonde e inusuali dal Prefetto dott. Sabatino Marchione e dal Questore dott. Antonio De Iesu. E’ stato bello sentir dire da due uomini di Legge che la Cultura è la piattaforma su cui si è realizzata l’Unità d’Italia, cui il Sud ha dato un contributo enorme e indimenticabile.
Ormai il varco per i grandi messaggi era aperto. L’avvocato Anna Ferrazzano, vicepresidente della Provincia di Salerno, ha ricordato come Dante abbia trasformato la persecuzione, subìta fino all’esilio, in spinta interiore alla creazione del Divino Poema. Un poema amato anche all’estero. Lo ha sperimentato il Vicesindaco e Assessore al Comune di Salerno dott.ssa Eva Avossa, che attesta quanto sia radicato il culto di Dante in Germania, dove il prof. Caso, peraltro salernitano doc, ha fatto conoscere l’ineguagliabile bellezza della “Commedia”.
E il pro-Rettore dell’Università, la prof.ssa Maria Galante, ha rimarcato che la tradizione culturale italiana ha alla sua base un alto impegno civile, e a ripristinare questo nobile atteggiamento ha invitato tutti, soprattutto i giovani, futuri alfieri di una società nuova. Poi, come snodando un ideale fil-rouge, il Preside Mario Aversano ha insistito su una lettura nuova del pensiero di Dante, tutta orientata sulla valenza politica del Sommo Poeta. Per lui non esisteva cultura che non si traducesse in politica. Quella alta e nobile, naturalmente. Quella, che - ha affermato lo studioso - Dante riteneva incardinata sulla Verità, in cui egli ha creduto fin da bambino. Per questo l’Alighieri - ha sostenuto il dott. Alessandro Masi, Direttore Generale della “Dante” - va annoverato tra i fondatori dell’identità europea; per questo dobbiamo prefigurare fin da oggi lo scenario culturale della società che verrà, per proporre ad essa i valori del capolavoro dantesco.
In questo clima, arricchito dalla presentazione di “Odi e canti dell’Unità d’Italia”, magistralmente curato dal dott. Giuseppe Lauriello e dal prof. Domenico Pagliara, con la partecipazione del giornalista dr. Paolo Romano, della dr.ssa Elena Baldi e del dr. Aldo Sessa, si è bellamente inserita la prolusione ufficiale della prof.ssa Basile, con cui abbiamo aperto queste nostre note. L’oratrice ha ripercorso, con uno stile icastico, le tappe dell’esilio di Dante. Con il suo ricorso a un avvincente presente storico, lei ha fatto balenare dinanzi agli occhi affascinati degli ascoltatori scene medievali di editti e di congiure, di generose gesta e di ignobili tradimenti, di scontri con nemici e di incontri con i Grandi dell’epoca, tra cui Giotto, che a Padova corse incontro all’immortale autore della “Commedia” per abbracciarlo commosso. Il suo sublime Poema da un lato è stata la lunga lettera di un condannato a morte, ma dall’altro è stata la testimonianza eccelsa di come il Grande Esule sia divenuto il padre dell’unità linguistica italiana, cui si sarebbe poi ispirata la storia dell’unità politica. Fatta di lacrime e sangue, ma anche di sogni, progetti, realtà.
Franco Salerno
critico letterario
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