mercoledì 9 novembre 2011
Albidona-09/11/2011: “A filìce puamma” (regia di Giuseppe Franco)
Giuseppe Franco,regista per passione
Albidona: 09/11/2011
“A filìce puamma”,ossia “La sposa felice” è il titolo dato al recente video-documento sugli usi, costumi e conservazione della memoria sul tipico matrimonio albidonese che consegna alla critica del pubblico interessato il regista, per passione, Giuseppe Franco, “Pippo” per gli amici, originario di Oriolo e residente a Trebisacce. I precedenti documentari proposti, sempre in Dvd, sul lavoro dei pastori e dei pescatori da Pippo Franco, hanno già riscosso il giudizio positivo della critica e anche quest’ultimo e fresco lavoro non farà eccezione. Per raccontare il tipico matrimonio il Giuseppe Franco chiede lumi allo storico Giuseppe Rizzo, originario di Albidona, che in video spiega che il matrimonio è sempre stato un vero e proprio contratto e che la preparazione del rito è lunga e passa attraverso fasi obbligatorie. La prima fase vede come protagonista “u masciatore”, cioè una persona seria e affidabile che deve incontrare le famiglie degli sposi per proporre loro il matrimonio dei rispettivi figli. La persona scelta per questo delicato ruolo dev’essere riconosciuta seria nella comunità, perché si ha bisogno di serietà nel contratto di matrimonio da stipulare. L’ingresso per la richiesta nella famiglia della sposa si fa con un ceppo che viene riposto all’ingresso dell’abitazione e a fine serata, dopo il colloquio, se il ceppo si trova fuori casa della sposa ,senza parole, significa che la proposta di matrimonio è stata rifiutata dalla famiglia della sposa. La storia continua e il matrimonio si deve celebrare ed è così che entrano in scena ben quattro donne, due comare di battesimo e di cresima per lo sposo e due per la sposa, che vanno in giro per il paese a invitare le famiglie annunciando alle stesse la data del matrimonio e il nome e cognome e il soprannome della famiglia degli sposi. Il tutto impeccabilmente formale, le signore “recedenne” vestite di tutto punto e cordiali. L’ingresso presso le varie famiglie avviene con rispetto e con tanto di educazione e allo stesso modo le famiglie accolgono le “comare”. La padrona di casa le invita ad accomodarsi dopo aver riposto sulle loro sedie un fazzoletto bianco in segno di rispetto e di gentilezza. Racconta l’attento storico Rizzo che queste tradizioni trovano la loro origine negli antichi greci e latini e in particolare cita alcuni versi di Caio Valerio Catullo. I famosi canti tipici nuziali si consumano e percorrono i vicoletti del paese accompagnati dagli strumenti musicali tipici: fisarmonica, zampogna,suoni a chiave dove giovani e meno giovani danzano l’intramontabile ‘tarantella’. La sposa viene paragonata ad una bella palma che è destinata a lasciare la propria abitazione per seguire lo sposo ovunque e con l’obbligo di adeguarsi agli usi e tradizioni della stessa comunità o della nuova decisa dallo sposo. Anche il contratto riporta in modo analitico (inizio ‘900) la dote e il valore:mantello (100 lire),4 mutande (400),una bisaccia,calzetti,fazzoletti,scure ,granaio,ecc. La dote veniva trasferita nella nuova abitazione il venerdì precedente le nozze. Fa seguito il rito della preparazione del letto nuziale sul quale i parenti in visita vi riponevano in dono delle banconote che fermavano con dei confetti in segno di auguri e nel contempo si canta e si balla. I bambini presenti, per tradizione, salgono sul letto e vi saltellano in segno di innocenza e di fertilità. Dal balcone o comunque fuori e all’aperto viene sparato qualche colpo di fucile che serve,come simbolo, ad allontanare il male dagli sposi. All’uscita dalla chiesa tutti gli invitati si trovano a consumare una porzione di “maccheroni” su sedie allungate con tavoloni da muratori per aumentare il numero dei posti. Le posate ognuno se le porta da casa. E mentre ancora si balla sulla testa della sposa piovono soldini e il ‘maestro di ballo’ a fine serata emette l’ardua sentenza: lo sposo ha portato tanti soldi e la sposa tanto. E qui scatta l’orgoglio della famiglia che ha contribuito di più. Nel video più di un passaggio è dedicato al tradizionale abito albidonese indossato dalla signora “Caterina Rescia” conosciuta nell’ambiente come “Caterina a Crusc”. Il video realizzato a quattro mani dai coniugi Giuseppe Franco e Angela Fasanella,merita di essere visto perché regala alla memoria un documento storico.
Franco Lofrano
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