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mercoledì 26 ottobre 2011

Roma-26/10/2011: “LA FINE DI UN TIPO DI POLITICA”

Roma 26/10/2011


Oggetto: Corrado Tocci: “LA FINE DI UN TIPO DI POLITICA”


L’immagine del nostro Paese in caduta libera comincia ad essere evidente anche a coloro che continuano a nuotare nello stagno, con il solo interesse di restare a galla e accantonare quanto più possibile, anche a scapito della propria dignità.
La “tassa” di appartenere al Paese del “magari” come ci considerano i tedeschi, o dell’attesa della “provvidenza” come dicono i francesi, l’hanno pagata per decenni gli italiani che a diverso titolo hanno operato in Europa. Con il passare degli anni alcuni difetti di noi italiani, che gli stranieri ci rimproverano, si sono acuiti; eppure noi siamo i figli di coloro che avevano il coraggio di aprire botteghe con le quali, non solo garantivano la prosperità della propria famiglia, ma anche la formazione delle nuove generazioni, trasmettendo, oltre alle conoscenze e competenze collegate al mestiere, uno stile di vita consono a vivere nel contesto civile; oggi la cultura dell’occupato sembra essere entrata a far parte del nostro DNA.
In questi giorni l’Europa ci ha dato l’ultimatum, vuol conoscere i risultati “dell’esame di coscienza” che ci aveva chiesto a luglio.
Il messaggio dell’Europa può essere così sintetizzato “ i lussi della politica, delle istituzioni, degli enti, delle banche e dei cittadini che appartengono a quella che viene definita “casta”, non possono più essere finanziati dal debito pubblico”.
Questa richiesta, che tutti conoscevano, traumatizza la classe politica e dirigente di questo Paese, conscia come è di non essere capace di attuare politiche di sviluppo e di saper governare solo aumentando il debito pubblico.
Non a caso tutti i partiti parlano di favorire la crescita per aumentare il PIL in modo da non porsi il problema di trovare le risorse per perpetuare un modo di governare, pur tenendo in pareggio le entrate con le uscite.
L’esigenza di tenere in pareggio il bilancio fa cadere tutto il castello di carta costruito negli ultimi trenta anni, in cui il fare politica non era più un servizio ma una professione.
La politica come professione ha comportato lo stravolgimento del metodo per cui le proposte, pur avendo come fine l’interesse generale, partono dalla difesa di interessi particolari da inserire nella complessità della proposta.
La burocrazia, che avrebbe il compito di garantire l’imparzialità come rappresentante dello Stato, viene inglobata nel processo di gestione, per cui la firma e la responsabilità dell’atto non è più del politico ma del dirigente, che assume anche il ruolo di referente di interessi privati.
Contemporaneamente a questo processo viene messo in piedi un sistema per la difesa del “cittadino inerme” tramite le Autorità.
Altro aspetto è rappresentato dal capitolo liberalizzazioni, che ha dato la stura a grandi speculazioni con scarsi vantaggi per i cittadini e, a volte, con discriminazioni. Basta pensare alla telefonia, dove i



tutti i gestori si sono avventati sulle grandi città dimenticando che l’Italia è un paese di piccoli Comuni, a cui nessuno si è interessato lasciando tutto in mano alla Telecom, non permettendo quindi a milioni di cittadini di collegarsi ad internet se non a costi di gran lunga superiori rispetto a coloro che vivono nelle città.
Altra degenerazione è rappresentata dalle “cordate” che sostengono un candidato alla carica elettiva, per cui l’elezione del candidato garantisce la nomina di consulenti che dovrebbero affiancare i dirigenti degli Uffici pubblici, come se costoro ricoprissero un incarico ma non avessero le conoscenze e le competenze necessarie a svolgere la mansione.
Un capitolo a parte è rappresentato dalla gestione dei contributi europei. La politica di coesione comunitaria è nata per diminuire le differenze tra le aree deboli e quelle forti dell’Europa. Il nostro mezzogiorno per decenni ha potuto attingere a questi fondi che avrebbero dovuto essere indirizzati a politiche centrate sulla crescita sociale ed economica, purtroppo sono stati utilizzati dai politici locali per garantirsi il consenso. Un consenso non collegato alla qualità del progetto ma al numero di voti garantiti da chi beneficiava del finanziamento, così favorendo scelte assistenzialistiche, che a loro volta hanno favorito il terziario non produttivo e, paradossalmente, alzando il PIL hanno permesso a quella regione di non ricevere, negli anni successivi ulteriori contributi. Purtroppo terminati i contributi quelle regioni sono ricadute nella situazione precedente.
Un settore che chiede vendetta è quello del mercato del lavoro, dove troviamo una situazione che ha dell’incredibile, da un parte coloro che sono garantiti dallo “statuto dei lavoratori” per cui possono ammalarsi ed essere pagati, perdere il posto e ricevere lo stipendio per anni dalla cassa integrazione, avere normative che permettono di espletare assistenza familiare senza decurtazioni dello stipendio, avere dei versamenti contributivi per una pensione congrua al costo della vita, e dall’altra “i nuovi liberti” che lavorano “a cottimo” nel parasubordinato, che hanno i diritti civili ma non quelli economici.
Altro problema: che senso hanno oggi le Regioni a statuto speciale in una Europa delle regioni? Servono a piccoli gruppi per garantirsi dei privilegi, tipo andare in pensione con venticinque anni di anzianità e percepire per tutta la vita un importo superiore a quello di un lavoratore del settore industria che ha lavorato per quaranta anni.
Gli interessi corporativi hanno creato troppe ingiustizie.
L’Europa ci rimprovera di non essere attenti nell’uso delle risorse pubbliche, è finito il tempo di “tanto paga pantalone”.
Come Popolari Glocalizzati sono anni che denunciamo disfunzioni nel sistema pubblico, abusi e interpretazioni soggettive nella pubblica amministrazione; oggi siamo molto preoccupati perché riteniamo che il presidente del consiglio sia solo la punta dell’iceberg di una classe politica e dirigente non in grado di valorizzare i talenti dei vari territori, abituata come è a restare chiusa nelle stanze affidando a consulenti e faccendieri le scelte da fare, tanto il denaro viene dalla imposizione fiscale e tributaria, e se non è sufficiente si ricorre al debito pubblico.

CORRADO TOCCI
SEGRETARIO POLITICO POPOLARI GLOCALIZZATI

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