venerdì 6 novembre 2009
Trebisacce-06/11/2009: "Per una dialettica dell'odorato" di Gianni Mazzei
Per una dialettica del’odorato.
Si vede che l’occidente è basato sull’immagine: dallo sguardo platonico affisso nell’altro , al senso etimologico di teoria( vedere) fino ai nostri giorni, il vedere la fa da padrone, gareggiando in modo fertile e con possibilità di successo con la parola, il logos.
Parola, logos: mente,ragionamento, persuasione, e sguardo come curiosità, scrutare orizzonti e anche i meandri non sempre chiari e sinceri dell’animo.
Una citazione la merita il mio conterraneo Campanella, quando nella città del sole ci presenta sequenze di immagini, come avviene nel purgatorio dantesco, da cui apprendere le cose essenziali della vita.
E didatticamente, il Medioevo, con bassorilievi e dipinti ha educato la folla analfabeta, avvicinandola ai misteri del soprannaturale e esaltando anche il lavoro della gente nel riproporre i mestieri e i cicli delle stagioni.
Tra i sensi, la filosofia ha dato anche spazio al tatto, al gusto, al sentire.
Ci aveva, per la manualità, pensato già Anassagora, poi ripreso da Bruno, nel risaltare la singolarità dell’uomo nell’uso delle mani.
Basta pensare alla brillantezza delle mani nelle botteghe dell’Atene periclea o dell’Italia rinascimentale o alla morbidezza del suono dei grandi musicisti.
E al gusto, anche se indirettamente, insieme allo sguardo Cartesio ci dà un esempio quando, parlando del dubbio metodico, ci parla delle varie esperienze che devono essere messe al vaglio, come un cesto di mele, per vedere quelle marce, toglierle per non guastare anche le altre.
L’ascolto, il sentire, oltre ad essere la disponibilità della mente è essenziale per la parola salvifica dell’oracolo e per l’infinita armonia della musica, arte suprema, per dirlo con Schopenhauer, che ci fa vedere le essenze delle cose, il mondo delle idee.
E il canto è anche la seduzione, l’altra faccia del cielo, la donna che con esso, porta alla perdizione ma anche toglie l’uomo dal grigiore della logica: è così perdizione il canto di Circe che tramuta gli esseri in porci, e il canto delle Sirene che portano le imbarcazioni a sfracellarsi; ma è anche la seduzione dell’oblio, del riprendere le forze con Calipso dalle bianche braccia e il rinviare il destino nel canto suadente della parola modulato nel “Le mille e una notte” della narratrice.
Ma sull’odorato?
Solo qualche citazione, e in negativo, con disprezzo, come si dice che il danaro non odora: ed è duplice disprezzo, giacchè se odora ed è cattivo è ancora aspetto umano; e se non odora, anche quel minimo di umanità e di sentimento è andato via per fare spazio agli affari, ai compromessi, alla furbizia del mercante.
O era anche il detto amaro durante il fascismo:” quando in Italia c’era il re c’era anche il caffè, quando il re divenne imperatore del caffè restò solo l’odore, ora che è diventato anche re di Albania, anche l’odore è andato via”!
Poi venne però quell’inattuale di Nietzche, quel dinamitardo, quello che smaschera ogni falsità e disse, nella sapienza assurda dell’aforisma lampeggiante, che “la genialità sta nelle narici!”.
La genialità che è andare oltre il cortile di casa propria, è fare voli arditi in cieli assurdamente azzurri, non risiede più nella ragione, né nel veder e nemmeno nella praticità delle mani; risiede nelle narici!
Quelle di Nietzsche erano profonde, cavernose, come la spelonca di Polifemo in cui Ulisse esercita la sua metis, l’intelligenza pratica per prevedere l’imprevedibile e uscire da una situazione impossibile; o sono profonde come la caverna platonica da cui poi uno schiavo, il filosofo, esce e trova la realtà dopo essere vissuto per tanto tempo nelle ombre, incatenato nell’ignoranza.
Le narici del filosofo tedesco sono quelle degli dei che si godono gli odori dei sacrifici di cento buoi fatti dagli uomini o sono quelle del dio cristiano che sente l’incenso come omaggio alla sua sacralità e onnipotenza.
O forse no: sono le narici che sentono il sudore degli uomini, la puzza delle scarpe della contadina di Van Gogh per come ne parla Heidegger; sono le narici che sentono la fratellanza sofferente del cavallo da Nietzsche abbracciato in piazza Umberto a Torino frustato dal vetturino; o sono le narici che sentono il marciume della città, il disfacimento del corpo, le rose disfatte, la muffa del pane, l’odore aspro della donna, quello salmastro delle onde e l’odore bagnato del fieno tagliato nella sera estiva.
Le cose esistono perché odorano e dal loro odore l’uomo sa trarre insegnamento, medita e decide.
E dall’odore riconosce l’alba del suo nascere e la compiutezza del suo tramonto.
E così, nell’odorare l’ebbrezza del vino, si diventa veri sommelier della vita.
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