Trebisacce, 10 settembre 2010
E' l'8 settembre.
Mercoledì pomeriggio.
Fra poco comincerà la fiaccolata in memoria di Dorina.
Organizzare qualcosa, per piccola o grande che sia, è sempre un travaglio.
Se tutto va bene, tanti lupi saranno pronti a mettersi in mostra, per
illudersi di raccogliere meriti.
Se qualcosa va male, tante jene saranno pronte a puntare il dito.
Chi ha organizzato qualcosa lo sa.
Affinchè tutto funzioni, bisogna curare i dettagli, e tenere a bada le belve.
Sono le 18:00 . Arrivo nel piazzale dell'ospedale con mezz'ora di anticipo.
Ma Antonio De Paola è già lì. Da vero spirito nobile, si è fatto avanti da sè,
per mettere a disposizione l'amplificazione per la Messa. Antonio non
offre chiacchiere,
offre lavoro e da sicurezza. All'ora convenuta, arriva il cappellano
dell'ospedale,
Don Michele, e Michele Caprara. Dobbiamo allestire l'Altare, e tutto il resto.
Le sedie sono già lì, grazie all'intervento personale dell'assessore
Antonio Cerchiara. L'allaccio della corrente è pronto, il dott.
Scutari è stato di parola.
Nonostante tutto vada bene, però, sento addosso un brivido insolito.
Ho iniziato a frequentare i palcoscenici fin da bambino, in quanto
precoce talento musicale, ed è da più di 35 anni, ormai, che vivo le
atmosfere dell'"evento". Ma, ripeto, stavolta è diverso, e non perchè
si tratta di una Messa invece che di un concerto o altro: ho allestito
anche Messe. Nel frattempo, arriva l'architetto Angelo Malatacca, ha
con se le fiaccole, che è andato a comprare a Cassano. Occorre un
tavolo per allestire l'altare. Il dott. Scutari ha messo a
disposizione una scrivania o un tavolo dell'ospedale, a tale scopo.
Entro nel Guido Chidichimo. Qui è nata mia figlia. Qui giocavo da
bambino, intrufolandomi abusivamente nella struttura, completata ma
chiusa. Quanti anni avevamo atteso l'apertura del "nostro ospedale".
Il pavimento si rovinava, le apparecchiature arrugginivano e
diventavano obsolete, e noi, piccole pesti, usavamo quel "set
cinematografico" per dar sfogo alla nostra fantasia, ingaggiando lotte
e battaglie, giocando a nascondino ed organizzando tours esplorativi,
alla ricerca della porta che ci avrebbe condotto al "centro della
terra". Finalmente, con grave ritardo, l'ospedale venne aperto, mentre
i muli in circolazione per strada diminuivano, e sparivano le
"gummile". Ed ora? Mi serve un tavolo. Inizio ad aggirarmi fra i
corridoi riverberanti , le stanze vuote, le scale deserte, i reparti
abbandonati. Il poco personale superstite, mi guarda attonito, con lo
sguardo assente e rassegnato, stanco. Sembrano gatti randagi.
Comprendo l'origine di quel brivido che avvertivo.
L'agonia dell'ospedale di Trebisacce, volge al suo esito fatale. "Il
bene lo si riconosce quando lo si perde". Come una giaculatoria,
questo pensiero comincia a ronzarmi nei tessuti molli di tutto il
corpo. Poi mi entra nelle ossa. Devo uscire, tornare nel piazzale,
nella realtà convenzionale. Devo continuare a lavorare per il buon
esito dell'iniziativa. Devo continuare a tollerare i falsi amici di
Trebisacce, che sono amici solo di se stessi e della propria tasca.
Devo continuare ad incoraggiare chi adesso vorrebbe chiudere la
stalla, quando i buoi sono scappati e di loro non resta più nemmeno la
cacca. Devo sopportare chi ha scommesso da sempre sul peggio,
rinunciando alla lotta, pur di dimostrarsi furbo.
Quante cose devo. Ma perchè "devo"? Io intuisco perchè... mi viene da
dentro. E' un istinto. E' principalmente un particolare tipo di
istinto di conservazione. E' un'attitudine spirituale.
Comprendo, egoisticamente, che nessuno si salva da solo. Faccio
semplicemente ciò che penso sia meglio fare. Per chi in questo momento
avesse difficoltà a comprendere la mia posizione,
ripeto: "Il bene lo si riconosce quando lo si perde". Magari ne
riparleremo in futuro.
Rientriamo nel presente. Il piazzale è pronto. Devo correre alla
stazione. Don Gaetano, Don Pierino e Don Josef potrebbero arrivare. I
fedeli, la popolazione, i politici.... Io "devo" essere la....
Eccomi, sono alla stazione. Un nodo alla gola... i viaggi della
speranza. Spero che chi sta leggendo, non conosca mai questa
esperienza, e non abbia vissuto ciò di cui parlo. Tanti anni fa,
ormai, c'era la leggittima ed ingenua speranza che un giorno anche noi
avremmo potuto curarci nella nostra terra, o almeno provarci, senza
dover aggiungere ulteriori sofferenze, disagi, costi e spaesamento per
l'ammalato ed i suoi familiari. Cosa è cambiato da allora? Tutto come
prima. Peggio di prima.
Il pavimento delle nostre stazioni, è un puzzle di sentimenti forti,
impresso a fuoco nella mente di chi ha dovuto e "deve" frequentarle.
E sarà ancora così.
Alle 19:45, parte la fiaccolata per la sfortunata Dorina,
venuta qui in cerca di lavoro, dalla lontana Romania,
venuta in una terra, dalla quale scappa chi ci è nato.
Poi il tuffo nell'ebrezza del corteo... poi tutto il resto.
Sono le 22:00 . La fiaccolata è andata bene. Il Santo Sacrificio della
Messa è stato celebrato.
La manifestazione è riuscita.
E' notte ormai.
Le ultime candele si consumano nel piazzale ormai vuoto
dell'Ospedale Guido Chidichimo di Trebisacce e dell'Alto Jonio .
"Tutto è compiuto".
Walter Astorino
--
assopectrebisacce@gmail.com
ASS. OP. EC. Trebisacce
associazione operatori economici
http://www.assopectrebisacce.com
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