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lunedì 5 luglio 2010

Cosenza-08/07/2010: Nasce il movimento culturale Assud

ASSUD
Bozza
Il difficile momento che l’economia italiana sta attraversando all’interno del complesso quadro europeo della crisi del sistema produttivo e dello sviluppo globale segnato dall’economie emergenti, rischia di far definitivamente collassare il fragile apparato produttivo del Mezzogiorno. Il problema del mancato sviluppo delle terre meridionali ha radici lontane ma la sua persistenza ( e gravità) dimostra senza dubbio il fallimento di tutte le politiche governative degl’ultimi decenni, che non hanno saputo (e forse voluto) valorizzare questa grande area territoriale del Paese che pur priva di un sistema compiuto di modernizzazione economica, mantiene al suo interno diverse e significative aree di eccellenza produttiva.
Il movimento culturale Assud nasce, proprio in questo delicato momento della storia italiana, per riaffermare come questione nazionale il problema dello sviluppo socio-economico del Mezzogiorno. Assud è un associazione culturale di ex studenti universitari, oggi professionisti affermati in vari settori del mondo del lavoro (impresa, università, avvocatura, medicina, ruoli dirigenziali nella P.A.) che hanno vissuto l’esperienze decennali della Confederazione degli Studenti — gruppo studentesco presente in tutti gli Atenei meridionali che proprio quest’anno compie 10 anni dalla sua costituzione — e che hanno scelto di continuare ad impegnarsi nella promozione e nella crescita socio-culturali delle terre meridionali. La Confederazione in tutti questi anni ha sistematicamente vinto le competizioni studentesche al Consiglio Nazionale Studenti Universitari —nella circoscrizione meridionale, infatti, la Confederazione si è posizionata come prima lista, ottenendo migliaia di voti — e si contraddistinta per la difesa del sistema universitario meridionale, concepito come perno di una vasta strategia di sviluppo socio-economico del territorio.
L’obiettivo di Assud è, infatti, dare vita ad un soggetto culturale capace di proporre, con grande determinazione, nuove soluzioni alle tante, troppe, emergenze che stanno mortificando il mondo del lavoro meridionale: dai processi migratori che coinvolgono migliaia di laureati specializzati alla piaga del lavoro nero; dall’usura al pagamento del pizzo alla criminalità organizzata. Nel Mezzogiorno operano molte imprese che, nonostante queste (gravi) criticità causate, per larga parte, dal colpevole disinteresse della classa politica, non sono contaminate dalle mafie e reggono la competizione sia con quelle del Nord sia con quelle di altre realtà nazionali.
La nostra piattaforma di analisi/proposta si articola — qui sinteticamente espressa — nell’individuazione di cinque macroaree che definiscono compiutamente una strategia, una visione d’insieme, delle politiche di sviluppo di cui necessita, a nostro avviso, il Mezzogiorno:
a) Politiche per il lavoro e per il sociale
b) Impresa, politiche fiscali e sistema del credito
c) Formazione e Ricerca
d) Valorizzazione delle aree interne
e) Fondi comunitari e infrastrutture
L’affermazione di economie emergenti strettamente correlate alla delocalizzazione degli investimenti, spesso per il bassissimo costo della manodopera, rende improcrastinabile per un circuito produttivo come quello meridionale sia la radicale riorganizzazione del sistema creditizio sia delle leve fiscali. Non è più possibile attuare politiche bancarie che considerano il Mezzogiorno soltanto un territorio da utilizzare come luogo di “raccolta” del denaro, da immettere nel circuito produttivo del Nord del Paese, e non d’investimento. Le imprese meridionali sono fortemente penalizzate da un sistema di costo del denaro ormai insopportabile: non è credibile parlare di sviluppo del Mezzogiorno senza mettere in discussione concretamente l’impianto complessivo di queste politiche. Così come non è più procrastinabile affrontare il nodo di una fiscalità di vantaggio per le imprese meridionali che si può tradurre prioritariamente nel taglio sia dell’IRAP e dell’IRES sia dell’IVA, unitamente a misure di sostegno alle imprese — da rendere automatiche e sistemiche— quali il credito d’imposta per favorire nuovi investimenti e soprattutto nuove assunzioni. Una parte rilevante dei tagli fiscali, inoltre, potrebbe essere utilizzata, attraverso misure mirate, per rendere stabile e continuativo l’apporto di capitali privati al finanziamento della ricerca universitaria meridionale, cui non basta certo il 5X1000 — contributo assolutamente irrisorio — per disporre di risorse aggiuntive. Costo del denaro e nuove politiche fiscali sono i presupposti minimali per consentire alle aziende meridionali di reggere la concorrenza del mercato globale. In questo quadro diventa centrale per la valorizzazione del tessuto produttivo meridionale la corretta programmazione e il regolare utilizzo dei fondi comunitari che devono avere come obiettivo prioritario le iniziative delle imprese e dei professionisti del Mezzogiorno. Ovviamente va riservata particolare attenzione alle iniziative imprenditoriali di giovani garantendo loro un sostegno economico adeguato per le spese di gestione dei primi anni di attività e per gli oneri finanziari dovuti agl’investimenti per l’avvio dell’impresa. E’ arrivato, dunque, il momento di fare del territorio meridionale una grande occasione di sviluppo economico-sociale e non più una terra da colonizzare e depredare.
Una grande opportunità per favorire processi di nuova occupazione passa anche dalla valorizzazione delle aree interne del Mezzogiorno ( oggi interessate da un vasto fenomeno di spopolamento e abbandono) attraverso politiche d’incentivazione del turismo dei beni ambientali e paesaggistici. Proprio partendo dalla manutenzione di questi territori —che significa spesso totale recupero e riqualificazione di vaste aree della regione che versano in condizione di assoluto degrado — dalla gestione integrata, ad esempio, dei grandi patrimoni boschivi, passando per il rilancio complessivo dell’agro-alimentare di qualità, è possibile dar piena attuazione ad una filiera produttiva che accanto al pieno recupero di aree territorialmente “fragili” dal punto di vista occupazionale, potrebbe anche favorire nuovi processi di urbanizzazione caratterizzati da uno sviluppo ecosostenibile e da una “vivibilità” sconosciuta alle grandi periferie delle città meridionali.
In questo quadro i fondi comunitari destinati alle infrastrutture assumono valenza strategica per il potenziamento del nostro sistema di comunicazione viario, accanto alla valorizzazione del sistema di trasporto aereo, ferroviario e marittimo. Il Mezzogiorno deve uscire da una condizione di “provvisorietà” infrastrutturale: il corridoio ferroviario ad alta velocità Napoli-Palermo, accanto a dorsali autostradali percorribili dal doppio versante tirrenico e ionico, insieme all’individuazione di un grande aeroporto meridionale da utilizzare come Hub (non necessariamente di Alitalia) sono opere di importanza nevralgica per il circuito delle comunicazioni commerciali e turistiche del Mezzogiorno.
C’è infine un’altra questione, che volutamente abbiamo lasciato in coda al documento, per rimarcarne con forza la centralità in un disegno complessivo di modernizzazione del Sud: la lotta alle mafie. Questo è il cancro da estirpare nel tessuto socio-civile delle nostre terre. Paolo Borsellino amava dire: «Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura una volta sola». Assud vuole promuovere un progetto di educazione alla legalità per un nuovo civismo, intenso come costruzione di un nuovo, comune, sentire: la liberazione dalla paura che attanaglia il presente, pregiudicandone il futuro, della società meridionale.

Assud tutelerà le migliaia di giovani meridionali che hanno scelto, nonostante le difficoltà, di lavorare nel Mezzogiorno: a questo immenso capitale umano deve essere data una reale opportunità di creare una società economicamente e socialmente avanzata. Assud lotterà per un nuovo, grande, Mezzogiorno.

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