giovedì 3 giugno 2010
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Ho letto con intelligenza storica la lettera dell'architetto Spatola, e la meraviglia che ancora nel ventunesimo secolo, si verifichino questi "danni morali, culturali, sociali e politici". Al di là dell'aspetto culturale, ciò che "mortifica e dilania", è che vi sono manufatti realizzati con finalità predefinita... e allora, è un male oscuro in questo "corpo sociale" già tanto ferito, che continua a tenerlo in "coma profondo" La parola dell'architetto Remo Spatola, scaturisce dal cuore di un amante, che nota ogni giorno, come si frantuma la dignità del valore di una cultura che ha fatto chiamare questo paese di mare: "La perla dell'Ionio". E la dice fuori dalla lingua, per dare un segnale di risveglio e di progresso che sono segni di civiltà. E allora asociamoci, sia "noi emigrati" e sia i "locali", perchè si grida ad alta voce: "Basta con gli scempi, e con i soprusi" che deformano e avvelenano il tessuto connettivo, di una cittadina che ancora conserva, qualche vestigia del passato. I nostri padri si ribellano dalla tomba, e i nostri figli non potranno leggere una sola pagina di storia, che abbia avuto il cammino sicuro e certo, verso gli ideali e verso la modernità. Possibile che sia finito l'amore? E che la secolarizzazione abbia distrutto: "Come eravamo"? Attenzione, che verrà il giorno del "giudizio" e allora sarà triste dire: Nesuna cosa dà tanto dolore, come una "situazione" che avremmo potuto evitare"... Ribadisco che la lettera aperta,di questo figlio legittimo di Trebisacce è il frutto di un uomo libero,e di una mente ricca di umanità, la cui cultura sociale e politica è tradotta con il linguaggio di un amore grande e sentito, verso il proprio paese, e che il dolore di ciò che accade, lo inquieta, e senza rancore, insegna come si risolvono alcune problematiche amministrative. Ciccio Frangone
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