Omaggio a Mike
Buongiorno.
Nel 1961 veniva pubblicato da Umberto Eco “Fenomenologia di Mike
Buongiorno”.
Con scrittura godibile,il semiologo,utilizzando il titolo di una
grande opera di Hegel,presentava il Mike nazionale, come “l’esempio
vivente e trionfante del valore della mediocrità” in cui ogni italiano
si poteva riconoscere.
L’impostazione dell’analisi di Eco è marxista,anche se condotta con
grande equilibrio e distacco dal personaggio,cosa rara in una cultura
di sinistra che tende a centralizzare nella persona gli aspetti
negativi del nemico sociale, la borghesia.
Onestamente,pur riconoscendo il grande intuito e la grande capacità
di analisi della società di Umberto Eco( si vedano le sue “Bustine”
sull’Espresso), dissento da quanto detto in questo scritto.
Penso che in quel periodo, gli anni ’60, gli Italiani erano presi
dall’incanto del boom economico,erano volti quasi innocentemente verso
il progresso, verso il benessere, a quell’annullamento, tramite i beni
di consumo:la vespa, la 500, di ciò che Fortebraccio rimarcava,nella
disparità tra Nord e Sud, dicendo che “l’Italia è l’unica nazione a
esportare manufatti (la ricchezza del Nord) e manodopera( la povertà
del Sud)”.
Viveva, tramite quel sogno garbato di Mike Buongiorno un momento di
appagamento,di speranza, pur se nubi dense già si annunciavano sulla
vita nazionale, per problemi sociali,politici, economici che porteranno
al 68 e agli anni di piombo, ai vari scandali insabbiati e attentati.
Però in quel momento sembrava che il proletariato potesse agognare a
un futuro certo,che la società si potesse affrancare da tabù e censura,
risibili talmente da non potersi pronunziare “membro del Parlamento”.
Mike,con il suo misurato umorismo,stile inglese, con battute rimaste
famose e che,forse senza saperlo,scardinavano tanto bigottismo,quali
“Ah,signora Longari,mi è caduta sull’uccello!” e altre,
ha incarnato,con modo raffinato ,un momento di pausa nelle vertigini
inconsulte della storia italiana del dopoguerra.
E anche il dare rilievo al “nozionismo” e non allo spirito critico
della cultura, come evidenzia Eco, era visto,dal popolo, come un
momento di riscatto, la funzionalità dell’impegno per l’affermarsi,
farsi una posizione,diventare benestante e non subire,con la miseria, l’
emarginazione sociale.
Ciao, Mike.
Gianni Mazzei
trebisacce
martedì 8 settembre 2009
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