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giovedì 3 settembre 2009

Trebisacce-03/09/2009: Pudore o vergogna?-di Gianni Mazzei

Pudore o vergogna?

Noi, figli globalizzati, abbiamo perso il senso della sfumatura,del dettaglio che fa la differenza tra le cose,le circostanze,i sentimenti
Anche se citiamo ancora Flaubert “Dio vive nel dettaglio”, durante il quotidiano esperire, poi siamo poco attenti a quelle differenze che,seppur minime, fanno l’essenza delle cose,come la variazione cromatica della luce.
Forse perché abbiamo perso il contatto diretto delle cose, o il ritmo frenetico della vita,la sua pragmaticità non ci fa fermare al distinguo, per non perdere tempo,badando noi alla sostanza e non alle variazioni delle situazioni.
E avviene così che,magari in un paese di montagna,dove ancora d’inverno si avverte la presenza silenziosa della neve,noi usiamo un solo vocabolo “Neve” appunto, senza distinguerla,per indicarla diversamente, dalla sua grandezza, della sofficità ,del rapporto col suolo,perdendo così lo stupore del dire.
Ci manca,in effetti, il saperci meravigliare nel regno della parole; non proviamo disagio o entusiasmo a nominarle.
Le parole hanno perso,nel nostro tempo, quel fascino della ricerca,il rapporto cercato tra suono, loro formazione, e la cosa cui si riferivano.
Senza invocare la tesi del rapporto diretto della parola con la cosa,dal passo famoso della bibbia che vede Adamo dare nome alle cose,alla tesi di Platone e alla sua variante medioevale “nomina sunt consequentia rerum” che esclude l’artificiosità del linguaggio, noi abbiamo perso il contatto con le cose ,con la natura,per cui spesso le parole sono vuote,non hanno pregnanza e fragranza,risultano flatus vocis, retoriche,non comunicano,anzi occultano,sono dannose e spesso funzionali,nel loro trasformismo(giacchè non hanno ancoraggio alle cose) al potere, all’ingiustizia.
Succede a noi quello che ,secondo Kant,succedeva ai metafisici: facevano deduzioni dai sillogismi,senza più rapporto con la realtà, e arrivavano a conclusioni assurde e non sostenibili.
E così avviene che,per indicare timore ,sentimento di onore, diciamo,indistintamente, “ vergogna “ o “pudore”,con buona pace dell’onesta filologia,aderente alle cose, giù tradita, pur nella suggestività interpretativa e musicalità del dire, dal grande Heidegger, figuriamoci gli epigoni o chi,come noi, è digiuno del sentire filosofico e poetico.
Eppure, la differenza etimologica tra i due termini non è di poco conto e non riguarda sfere identiche dell’agire.
“Vergogna” da vereor gognam è rapportata alla disapprovazione della collettività per qualcosa di negativo fatta: c’è il senso della teatralità, della disapprovazione,della pena(diventare ludibrio della gente nella teatralità dello sguardo collettivo).
E più che riguardare una disamina interiore ,attiene al rapporto impari(perché sfalsato da una normativa non rispettata) tra singolo-collettività,vista come sanzione,legge,riprovazione,norma morale. La parola “ vergogna” si carica anche ,nel campo della sfera sessuale, del sentimento di peccato,imposto dalla morale cristiana.
“Pudore” ha delicatezza, quasi umbratile,un nascondersi non tanto per aver commesso qualcosa di sgradevole, ma per eccessiva sensibilità,rispetto verso l’altro: si ha pudore persino di chiedere qualcosa che addirittura ci spetta,tanto può essere evidente il senso di non voler disturbare,turbare l’altro.
Pur venendo,a livello etimologico,dalla sfera della sessualità”pudenda”,pudore indica un andare oltre l’intimità fisica,apre orizzonti con l’altro in un sentimento amoroso completo e dinamico, vivendo l’esperienza del rispetto verso l’altro, la propria dimensione di libertà e autenticità che si interroga,però,se donarsi,con discrezione e freschezza,all’altro.
Il pudore è la dimensione del dono.
In ogni esperienza amorosa ,genuina ed autentica, nei gesti quotidiani come negli atteggiamenti più arditi, c’è sempre pudore e non vergogna.
Perché ogni gesto di amore ha una sua progettualità, un suo divenire consapevole e profondo.
Non attende a nessuna norma, non viola nessun diritto, non disprezza niente né merita sanzione e pena: che ama non si vergogna mai,perché mai commette gesto gratuito,sprezzante verso l’altro o verso se stesso.
Gianni Mazzei

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