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giovedì 1 dicembre 2011

Salerno-01/12/2011:Pina Basile. S. Francesco di Paola e il suo tempo.


Pina Basile. S. Francesco di Paola e il suo tempo.

Il Cristianesimo non è una filosofia, non è un sistema, non è altro che una storia. Così Francois Mauriac.
E il libro di Pina Basile si connota come un racconto documentario, un’esemplificazione narrativa a più strati di lettura, a chi voglia cercarli, con una inclinazione particolare per la intertestualità ad ampio riverbero sociale e civile.
Perché la fede creduta e vissuta di Francesco da Paola non è una pietra preziosa da custodire in uno scrigno, ma un seme che deve moltiplicarsi, secondo il codice specifico del Vangelo. Il suo terreno è quello della civiltà del suo tempo e, quindi, delle strutture, delle istituzioni, degli incroci con la politica, la società e la cultura. Dunque, la biografa di un santo su un tessuto densamente storico ? La solita agiografia? No, non solo un simbolo. Molto di più: una vita gagliardamente ed esemplarmente concreta. Una testata d’angolo.
La vita di S. Francesco da Paola ci scaraventa nel mondo. E non ci risulta arduo intuire, attraverso il libro della Basile, il filo ermeneutico che percorre e travalica i secoli di storia per giungere al nostro oggi secolarizzato e globalizzato.
“Mentre i Giudei chiedevano segni e i Greci cercavano sapienza, noi, invece, annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani” Già agli albori del Cristianesimo, così si esprimeva S. Paolo nella lettera ai Corinzi.
Cristo è l’uomo-dio, non il Dio-uomo, per Francesco da Paola.
È, dunque, il Dio incarnato, reale, vicino. E l’amore sulla terra è la “prossimità del lontano” Dio è presenza. È proprio questo rapporto tra culto e cultura che mette in risalto la ricerca di Pina Basile.
In ginocchio, in mezzo al guado della vita, circondati da orrori e nefandezze infinite, il santo ci aiuta a capire noi stessi, a lasciarci alle spalle la confusione del mondo, non il mondo che portiamo in noi. Perché non basta essere colti, educati, progressisti, indignati per le ingiustizie del mondo.
Sosteneva Ezechiele “ Gli idoli hanno bocca, ma non parlano, orecchie, ma non sentono, hanno un cuore di pietra e noi, invece, di carne”.
Nella vita di Francesco da Paola scopriamo la tenerezza, l’affettività, la poesia della vita, non solo la sua narrazione. Un cuore dal profumo di umili violette. “ Francesco mostrò a tutti il suo ideale di sacrificio … proponendo una vita di penitenza e di meditazione.” E rappresenta bene la Basile in questa sua ricostruzione l’evoluzione del sentimento religioso e il suo dispiegarsi in mille forme diverse:” La chiesa era percorsa da tentativi di riforma. Si trattava di riformare la devozione, accentuandone l’aspetto di fervore individuale…. Avvicinando il laicato colto e le borghesie cittadine alla lettura delle Sacre Scritture”. Ma anche chi ha la consapevolezza delle categorie negative, la certezza dei non o la non certezza, riconosce che l’amore è un atto di abbandono, non un computo,non un calcolo.
È buttare il cuore oltre l’ostacolo: uno slancio. Oltre il visibile: una fede. Oltre il credibile: Uno stato di grazia.
Così Simone Weil: “L’uomo si rivela nella presenza, il divino nell’assenza. Ma in presenza di quell’assenza ogni presenza umana ci sembra inutile”. Anche qui, in fondo, leggiamo un desiderio di eternizzazione del quotidiano. Un desiderio per tutto ciò che appartiene ai misteri della profondità e al tempo. E questo desiderio certifica l’esistenza di un assoluto perduto, ma non negato.
Senza Dio in terra, tutto sa di un senso cupo di rovina. Dove va la nostra vita? ci chiediamo.
Consapevoli che il senso dell’assoluto non è una scelta né un destino, è esigenza indomabile dell’animo umano, come che sia l’origine, è punto di approdo o di scacco, a volte, di convergenza di noi tutti, creature di carta.
Oggi, purtroppo, siamo i vacillanti: né freddi né ardenti, solo tiepidi nell’amore, nella fede, nei valori. In un mondo molto evoluto, ma anche dissoluto, tra atei, credenti e settari che non riconoscono più nulla sopra di sé e si attribuiscono il potere di legiferare su se stessi e sul mondo.
Leggere la vita di S. Francesco da Paola, secondo la ricostruzione di Pina Basile ci spinge, dunque, ad interrogarci sulle cause della nostra erranza di anime senza pace, di certi nostri sguardi senza luce.” In tutto questo sconforto i poeti e i profeti intravidero una via di salvezza: l’humanitas, la dignità dell’uomo, la libertà della cultura.” Così l’autrice Basile. Perché sappiamo, che siamo il minimo segmento del Grande Tutto (per gli scettici il Grande Nulla) “ infinitesimale porzione di ciò che vive, palpita e muore nell’infinita estensione dei cieli. Dio si trova celato anche in un fragile fiocco di neve.
Perché non ammettere, allora, oltre le nostre esaltate ed esaltanti leggi matematiche e conquiste cosmologiche che se le piccolissime particelle di questo nostro universo correlate tra loro, anche separate a grandi distanze, continuano ad interagire,perché non ammettere allora che anche l’homo sapiens può sentire a distanze innumerevoli la presenza divina, il suo manifestarsi in fenomeni inspiegabili?
Perché allora non credere che “C’imbarcheremo su una navicella dai remi di acero e dalle vele di seta e al timone siederà la nostra luce.” Perché non credere? Perché non credere che si può stendere un mantello sull’acqua e veleggiare verso il porto di Messina? E che il grande Liszt possa aver composto una divina sinfonia su questa traversata miracolosa del protettore della gente di mare? Perché non credere che si può avere spirito profetico, prevedere l’eccidio di Otranto e la successiva riconquista? Perché non credere che l’umile frate sia capace di far zampillare l’acqua, al solo battere il suolo col bastone (forse che ciò non insegna a noi moderni devastatori che la natura è sacra e si sottomette a chi la considera creazione divina?)
Asseriva Nietzsche: Tutto ciò che è profondo ama la maschera”
Non è necessaria la ragione impotente e limitante per spiegare l’insondabile. L’affidamento al divino per Francesco da Paola è fondamento di libertà. Non è incatenamento.
Sono i semplici, coloro che amano d’amore senza cerebralismi, i minimi, i nudi che si avvicinano a Dio, con la loro grazia pulita, sono loro che possono leggere nel libro aperto della Creazione.
Quale lezione culturale altamente umanistica ci impartisce il frate ignorante! (“Un nuovo rapporto Dio-mondo / realtà-uomo, ci ricorda la Basile).
Contro la prosopopea dei potenti, le convenzioni sociali, le gerarchie consolidate si staglia nitida, in nome dell’Uomo-Dio, l’inversione dei giudizi umani.
Mark Twain nel suo “Viaggio in paradiso” ci rappresenta Omero e Shakespeare che camminano a ritroso per non dare le spalle ad un poeta misconosciuto sulla terra, ma non alla giustizia divina.
Una prospettiva certamente surreale, ma tale da sorprendere l’inerzia del nostro vivere.
D’altra parte ogni giorno nella nostra vita succedono piccoli miracoli. Basta saperli vedere. Nel nostro profondo, intus in animis. È così che la nostra autrice Basile può annoverare il suo personale miracolo, tra i tanti compiuti dal fraticello. E chiosarci che anche gli scettici sono colpiti dalla sincerità dell’evento.
Un santo, distributore di miracoli, dunque? No! Possiamo anche non essere esauditi, perché, ci illumina S. Agostino, chiediamo cose cattive da cattivi “Malae malis”
Non bisogna avvitarsi nella velleità dei nostri desideri, bisogna scardinare la nostra vita e aprire una pista all’eternità.
È così che l’umile frate può rispondere al santo re di Francia, Luigi IX: “Sire…. mi ha fatto venire in Francia per ottenere dal Signore una lunga vita, mentre Dio mi ha mandato da voi per predisporvi ad una santa morte.”
Ma San Francesco non è il cosiddetto folle in Cristo.
Interessante la pagina che la Basile dedica alla figura del Savonarola, l’uomo più ascoltato e autorevole di Firenze: “Due frati coevi che si trovavano d’accordo sulla fede e sul “contemptu mundi”.
Francesco non è neppure l’uomo di dostoevskijana memoria posseduto da “demoni” divorato da idee misticheggianti e irrazionali, assolutistiche e totalizzanti. È una figura positiva, imponente e santa che tinge di luce e di poesia il suo e il nostro tempo.
Una società, oggi come allora, finalizzata alla spoliazione, al sopruso, alla rapina dei potenti. Non c’è conciliazione fra gli uomini, lo stesso Cristo è ancora atteso, pare non essere risorto.
E la vita santa di Francesco da Paola ha anche funzioni di svelamento: l’attimo e l’ eterno, l’aion e il presente, cioè il momento con la sua dimensione puntiforme e la durata del sempre, il Kronos.
Il fraticello sa che l’uomo oscilla tra questi due segmenti temporali, ma sa soprattutto che l’uomo si dibatte tra due estremi, ieri come oggi, tra l’orgoglio vitale e l’accidia.
La nostra terra è lanciata come una trojka in una corsa folle verso l’ignoto. Ed egli spende tutta la sua capacità diplomatica a portare la pace nel mondo, nel cuore degli uomini, sulla loro opaca piattezza senza Dio e nella sottile perversione che innerva i rapporti umani per estirpare quella violenza agitat con crudeltà in ogni strato sociale.
Ieri, come oggi, gli uomini di buona volontà tessono una rete infinita di attività diplomatica, di tavole rotonde, di G7,G20 etc…tra i Grandi della Terra. Un lavoro immane. Una mole immensa . Tutta espletata allora dal grande, piccolo Fraticello.
Mentre crollano le borse, fuggono i dittatori e la politica è sotto scacco, c’è una speranza contro l’impermanenza, il fariseismo?
C’è un luogo dove tirare un sospiro di sollievo? Dove le nostre anime Zombie possono rifugiarsi?
Sotto le ali della misericordia di Dio, sembra suggerirci Francesco da Paola.
Questo è il tempo del Kairos, del momento concreto, del riscatto della dignità dell’uomo e della sua affermazione. Oggi, come ieri, nel tempo permeato di umanesimo e di rinascimento.
Oggi come ieri, dovrebbe rinascere l’uomo nuovo.
È il tempo del Kairos, della riflessione sul nostro andare, sul dove andare, del meditare sulle ideologie terragne che ci assediano e ci insediano.
Mi torna alla mente un dipinto di Hayez: Meditazione-simboleggiata da una fanciulla col capo reclinato, pensosa: esprime la malinconia della coscienza contemporanea trasformata in meditazione. Il messaggio politico è trasmesso dalla finta Bibbia con la dicitura “Regno D’Italia” e dalla croce, simbolo di lutto e martirio.
Bisogna farsi piccoli, attenti e silenziosi.
È il tempo del Kairos, della rigenerazione, come al tempo dell’umile frate. Tam in capite quam in membris.
Dio è l’ottativo del cuore umano, ci suggerisce perfino Feurbach. Perché, dunque, fermarsi ad una sterile concezione della vita, come un gratuito accadere? Bisogna recuperare la dimensione originaria del “patico” ci suggerisce il filosofo Masullo. Questa sarà la vera novitas. Ex antiquis novae”.
E, infine, Francesco da Paola anacoreta? No, soprattutto uomo tra gli uomini, riformatore sociale.
È l’uomo che ci manca oggi. Così riporta testualmente l’autrice Basile nelle prime pagine …” perché voi esigete dai poveri vassalli di portare il peso di balzelli che umanamente non si può sopportare?”
Non solo un libro da leggere, dunque. Ma un vademecum da cui trarre spunti di riflessione, linee-guida, briciole di speranza.


Vorrei terminare con una frase di Roth “ Grande e carico di stelle è il cielo sopra di noi. Troppo alto per essere benigno, troppo bello per non contenere un dio”.

Giulia Maria Barbarulo

Salerno 16/11/2011





La processione

Ti hanno issato
più in alto di tutti,
perché il più umile,
i portatori barcollanti
sul sagrato,
il passo ritmato,
la fronte madida
nell'incedere di marcia,
le braccia distese
nel guizzo rapido di alzata.
Ti hanno issato
più in alto di tutti,
aureola di stella tintinnante.
È più veloce della luce
la fede.
Ha tempo zero.
Spazi infiniti.
Suoni sopiti.

Giulia Maria Barbarulo

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